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BalkaniKa

Legio












Legio , lui non era morto.





Ma a vederlo bene le cose erano due, o non moriva mai, o moriva tutti i giorni.
Trasfigurato a sacra immagine dall'alcool,
assunto ad ascetica ed ebbra santita',
a sera , con addosso ancora la tiara ed il pastorale con cui era andato via da Zenica,
sedeva tra mucchi di missive e cagate di piccione.
Con il fiasco in mano , quadrato come poche cose , partecipava a suo modo al postribolare del mondo attorno.


Sfogliava missive , scrollava via cagate di piccione , era notte fonda ..... parlava da solo.







" Questo lo mandi a cagare...."........................." Questo manco je rispondemo...."




........." Ma chi è questo? ....Er cancelliere de dovee ?....Ma chi sei ?...."





"...Tre carretti..." ...e l'ingombro eh?.....eH con l'ingombro non ci siamo.... LOGISTAAAAAAAAA!!..."






Ogni tanto se lo guardavi, faceva delle pause.
Si fissava su un particolare del muro per un istante che durava un eternita',
appallottava una lettera e la gettava nel mucchio a terra,
poi ripartiva a parlare e dare ordini al nulla che aveva attorno...




" ARDdomantEE...che - edit -.....CHE DICIIIIII ??"




" CAleb...spe' mo' trovo na' pergamena"....." Dell'inchiostro.........InChiOSTrO00...."




L'Ottovolante del mondo attorno fece una piroetta di 360 gradi
Legio tento di tenersi alle gomene che immaginava fossero li',
il bordeggiare del pavimento lo spinse di colpo contro una parete.
Si ritrovo' faccia a terra.
Era uno stagno quello in cui stava specchiandosi.


La faccia senza un labbro lo guardava e lui guardava lei...


Terrorizzato si tiro' su dallo stagno ed era dentro una camera ,
la pietra filtrava umidita', la notte accecava i viandanti con il suo silenzio.


Tutto girava infallibilmente diretto verso la fine ultima di quel giorno,
il cuore gli batteva a mille mentre con gli occhi chiusi fissava in lontananza la bara di Terge.



..Si iniquitates te observabis Domine.....Dominie..Quis sustiniebit?





Alla fine crollo' schiantato come un grosso castagno all'ultimo colpo d'ascia.
Cadde all'indietro rovesciando la panca dove era seduto, e li' rimase a terra ,
con le gambe all'aria ed il lino addosso legato in vita , fino al mattino seguente.













- edit linguaggio volgare, riferimenti alla moderazione e richiesta sanzione per Legio{gatto_siamese}
_________________
Morphea



"LOGISTAAAAAAAAA!!..."


Il vagito di Legio si insinuò a forza attraverso le pareti, manco avesse sentito fino all'ultimo respiro, prima della vacuità di ciò che ci attendeva l'indomani.

"...zzo vuole ora?"
borbottai, nella consapevolezza che era nel pieno della fase delirante prima della partenza.
Riposi la spada nella sua guaina e mi incamminai nel corridoio verso la sua stanza, dopo essermi risistemata alla meglio.

Camminavo sulle gambe che ancora mi tremavano, nella speranza che avrebbero ripreso la loro normale andatura, prima di varcare quella soglia.
Trattenni per un attimo il respiro, mentre a fatica emettevo uno sbuffo repentino per rimettere apposto quella ciocca di capelli, che mi cadeva sull'occhio.
Spalancai la porta senza bussare.

I cumuli di lettere che gli avevo passato nei giorni precedenti, erano sparsi ovunque e danzavano nel caos più totale tra vento ed escrementi di piccioni.
Da dietro lo scrittoio, spuntava fuori un braccio inerme.
Mi avvicinai ed era lì dietro.

Un Cristo velato senza croce, giaceva disteso e a gambe all'aria..... in quella notte di un futuro incerto e senza vita, se non quella che ci restava fino alla morte.

"La morte...."

...Quella che mi sedeva di fronte e aveva riposto Tergesteo nella cassa da qualche parte lì fuori, e non gli permetteva più di danzare fra le fiamme della sua follia.

"La follia..."

... Quella che ci manteneva ancora in vita, in attesa della morte.


Per quella notte sarebbe rimasto immerso nel suo delirio.

" E' tutto pronto, rimettiti in sesto per domani mattina"
gli dissi.

Uscii da quella stanza, lasciandomela alle spalle.





Ritornai nella mia, che il pagliericcio continuava a bruciare, sotto la mia meravigliosa morte.





Sonomorto



Del tutto insensibile al problema dell’ingombro.
Preoccupato invece, e molto, dal rischio di perdita di peso. Sempre, un morto lo sa per esperienza, derivante da perdite di pezzi che ancora potrebbero tornare utili.
Claudicante e malfermo. Incerto nel passo.
Incerto lo sarei perfino nella direzione, se il tragitto prevedesse crocicchi.

Così come lo può un morto, io, morto a piedi, cammino un giorno avanti.
Nonostante tutto, e questo davvero non lo saprei spiegare, con il ritmo medesimo dei vivi a piedi.
Due nodi al giorno.
Ipotizzo che quel che perdo a causa del passo incerto, lo recupero, per ovvia mancanza di esigenza, non fermandomi a pisciare. E tanto mi basta.

Ieri ero in taverna pur essendo in viaggio, esperienza che anche da vivi si vive di sovente.
Non ritengono di doversi di ciò però meravigliare, i vivi, trovando assai più strano un morto che parla o un morto che cammina.
Sensibile al loro enigmatico senso del pudore e ai loro conseguenti sbalzi di umore, ometto spesso di presentarmi. Pochi nomi come il mio rivelano così tanto della natura di una persona.
In fondo, presto o tardi, femminile provvidenza, lei mi chiamerà con il nome che mi ha dato.
E allora chi tra i presenti mi vorrà rivolgere la parola imparerà da lei un conciliante e sintetico modo per farlo.

Ieri, ad essere onesti, scompostamente avvinghiato com’ero al suo sonno e al contempo in viaggio altrove, ad intrattenere conversazioni proprio non pensavo.
Tra gli avventori ci sarà stato chi si è offeso. Ci sarà stato chi ha pensato che dormissi anch’io.
Io invece camminavo da solo allontanandomi da Lezhë. Due nodi avrei contato a fine giornata.
Guardando bene dove mettevo i piedi. Consapevole del passo malfermo, attentamente custodendo l’equilibrio.
Così arginando il moltiplicarsi delle domande.
Quarantotto fa il morto che parla.
Quanto fa il morto che cammina?
Non chiederti, mi dicevo e continuo a dirmi, quanto fa il morto che inciampa.

Si dà il caso che la Taverna è animale assai inquieto e irascibile, e anche questo lo sperimentano spesso i vivi come i morti. Basta, in fondo, per scoprirlo, frequentare le taverne.
Come certi mostri marini di cui molti lupi di mare raccontano, non si sa quanto ascoltando i suggerimenti della fantasia, della birra e della frenesia di incantare chi li ascolta.
Come quei mostri marini la Taverna ci mette poco, soprattutto se decide che c'è burrasca, a sputarti fuori.
Le basta un suono molesto, un movimento maldestro, figurarsi un urlo, che provenga da fuori perdipiù.
Così, alla prima sillaba di quel LOGISTAAAAAAAAA! proveniente da chissà dove, ero già un morto che cammina e nel frattempo perde la presa.
Alla seconda ero un morto che cammina e suo malgrado attraversa la porta di uscita.
Non ho fatto in tempo a sentire l’eco dell’urlo che già ero un morto che cammina e basta.


Da stanotte, come se due nodi balcanici per occhi da morto fossero pochi, mentre cammino mi volto spesso indietro.

Crescono così le possibilità che finirò col chiedermi quanto fa il morto che inciampa.


--Intrallazzo
Camminava spedito fra le bancarelle del mercato di Lezhe, era il suo ambiente, si orientava nella grande confusione di gente di diverse nazionalità, parlava molte lingue ma nessuna bene, si faceva capire lo stesso e capiva lo stesso, bastava seguire un unico filo conduttore, il denaro, i ducati ovvero Leke in albanese.
Nel mercato caotico nonostante la scarsità di merce e i prezzi altissimi l'unica cosa che avevano in comune tutte quelle differenti persone era il denaro.
C'erano mercanti venuti con le navi dal mare, c'erano soldati che facevano provviste per l'esercito, madri che cercavano di sfamare i figli e c'erano orde di ragazzini.
Ragazzini veloci pronti a strappare via la merce al minimo prezzo, presto prima che altri vi potessero arrivare, per poi rivenderla ai prezzi di mercato, cioè sempre altissimi.
Chi passava da quelle parti con un carretto troppo carico imparava a sue spese che cosa facevano tutti quei ragazzini la in giro.
Intrallazzo, così lo chiamavano nell'ambiente, si occupava di garantire certi scambi, reperire merce che scarseggiava sulle bancarelle, aggiustare e garantire i carretti troppo pesanti che non avrebbero potuto viaggiare altrimenti, mettere in contatto mercanti per viaggiare in carovana e tutto quello che gli capitava che potesse fruttargli qualche leke.
Una sera lo chiamarono per un affare, un tipo doveva trasportare armi, molte armi, non dovevano essere viste da nessuno perchè al mercato si trovavano solo a prezzi altissimi.
Una donna lo aspettava vicino casa, lo apostrofò: "Voi siete Intrallazzo..." aveva un viso dolce ma un tono di voce risoluto.
"Preferisco che mi si chiami Intermediario, madonna" le disse osservandone il fisico camuffato nell'abbigliamento maschile
"Vivete di espedienti, volete che vi chiami Signore? Venite con me, seguitemi"
In capo al mondo vi seguirei, pensò lui mentre scivolavano velocemente per i vicoli.
Improvvisamente la donna entrò in una bettola, fumo denso e pareti scure, pochi avventori, tutti stranieri, parlarono con un uomo vestito da militare mentre l'oste raschiava il fondo del barile cercando un poco di birra.
Questi stanno messi peggio di me, pensò Intrallazzo, non potrò ricavarci molto da quest'affare.
L'uomo vestito da militare cominciò a parlare di un carico di armi che doveva uscire dalla città senza essere visto da nessuno, Intrallazzo era distratto pensando a dove fosse finita la donna che lo aveva accompagnato lì, ciononostante organizzò il lavoro.
L'indomani mattina un carretto che trasportava una cassa da morto di povera fattura attraversava la città, il mercato e passando sotto il castello usciva dalle mura della città
Morphea




Con un gruppo di soldati mi recai nelle botteghe malfamate del mercato nero.
Ratti grassocci che banchettavano tra le mondezze dei vicoli scuri, ai limiti della città, in attesa di un'estate calda, per smaltire tutto quel grasso accumulato durante il gelido inverno. Odori malsani del sudiciume della biancheria sporca che qualcuno aveva gettato per strada, si mescolavano malamente ai profumi nauseabondi ed eccessivi, della colonia di quartordine usato dalle baldracche appostate sotto portici e agli angoli delle vie, in pieno giorno.
Con il cappuccio che quasi mi copriva il viso, stavo bene attenta a tenere con la mano, un lembo del mantello sul naso e la bocca, nella speranza, quasi vana, di non beccarmi qualche infezione al momento sbagliato.

Già provati dal freddo del lungo inverno, stavano loro a trascinarsi dietro carretti per riempirli, incastrandoci dentro tutto quello che ordinavo prima ad uno e poi all'altro.

" Tu, la in fondo... ho bisogno di dieci chili di pesce, e mettimelo sotto sale" ................ " " Niku, settanta chili di carne a quanto me li fai?" ... " Ares... le spade? dolce ricordo mi servono pure gli scudi, quando me li procuri?" " Tu vai da quell'altro che ti ha detto Koron e fatti dare le cinquecento sacche di mais che mi tiene da parte" " Il paneeee...".

Nell'affanno generale di dispense di ordini e smaronamenti vari, un gregge di pecore spuntò dal nulla piazzandosi lì, e non accennava a spostarsi.

" Di qui non si passa!" disse uno....
" Prendete a calci il pastore e vedrete che passseremo" dissi un altro.
" Torniamo indietro" dissi io " abbiamo finito qui!"

Reietti di loro stessi, più che dal mondo conosciuto, avanzavano indietreggiando agli impedimenti della vita stessa.
Preparammo tutto nell'attesa dell'ordine che il cristo velato attardava a comunicarci.

...Nell'attesa che ogni cosa, fosse doveva essere... improvvisamente mi accasciai nell'anima, laddove la morte prendeva vita e provava affannosamente a ricucirmela addosso, senza rendersi conto, che ci fosse già riuscita. Impigliandosi da qualche parte lì sotto, io mi sforzavo di trattenere l'ultimo gemito, attaccandomi coi denti a ciò che trovavo, e respirando affannosamente, distesi le cosce stremate nel fiume di sudore, che prendeva fuoco tra qualcosa e un'altra, mentre si infilava sotto la pelle d'oca tra un brivido dell'anima e quello del corpo.
E nel pugno chiuso, che graffiava il cuscino, tenevo stretta l'assoluzione, non meritata, del Vescovo, che finalmente mi toglieva dall'imbarazzo dei ricordi del passato, e mi rimetteva tra le sbarre dei peccati del presente.

E nella pace di quell'ultimo pomeriggio, si allontava sparendo all'orizzonte, di due nodi più avanti... e noi, in marcia dietro di lui. Lui... due nodi più avanti.
E le anime? ...in mezzo e intorno, tra spade, scudi e tutto il peso dei passi sul pantano del caos che ci attendeva da lì a pochi giorni.




Silvestra
Il carretto passava e quell'uomo gridava "Meticci birbantelli!"ai monelli che in strada tiravano sassi al cavallo.
"Intrallazzo! Ma che imbecille ad attirare così l'attenzione" sibilò Silvestra tra i denti, si avvolse bene nel mantello scuro, si avvicinò al cavallo e, prendendolo dalle redini, cominciò a scortare il carro lentamente come si conviene ad un carro funebre.
Appena fuori dalla città Silvestra liquidò Intrallazzo senza tanti complimenti e si diresse dove stavano accampati i suoi "fratelli".
"Finalmente me lo sono levato di davanti" pensava mentre attraversava la campagna ed i filari di alberi si susseguivano "è stato utile ma ora basta, non vedo l'ora di essere di nuovo insieme agli altri."Lentamente il paesaggio cambiava, assumeva un aspetto più selvaggio, il freddo si faceva più penetrante, soltanto nel pomeriggio inoltrato vide del movimento tra gli alberi, strinse l'elsa della spada e gridò: "CHI SEI??'"


- edit linguaggio volgare {gatto_siamese} scusi gatto siamese ho corretto e non lo faccio più
Jaret
“Aooooo sono io, sono io!” dissi uscendo dai rovi “ho visto un leprotto che si addentrava nel bosco, c'ho provato a prenderlo, ma l’ho già perso azz…! Meglio che andiamo in la và..."

Mentre ci dirigevamo verso l’accampamento pensavo a loro, alla mia nuova famiglia: a Nef, Silv, il generale Legio, Mistic, Morphea, Tab, Giubius e a tutti gli altri.. pensavo a loro e a quanto ero contento di averli conosciuti e poter stare al loro fianco...

Giunti all'accampamento mi guardai in giro... alcuni si apprestavano a montare le tende per la notte... qualcun altro trafficava con spade e lance… un paio si allenavano nel combattimento corpo a corpo, altri nella lotta con la spada… qualcuno esaminava la sua bisaccia tirandone fuori un pezzo di carne secca, o una crosta di pane che si apprestava a masticare con gusto… qualcun altro ancora era seduto su una roccia con lo sguardo fisso verso il sole ormai basso nel cielo…

Mi resi conto, ad un tratto, che era da tutto il giorno che la tenevo, non avevo nemmeno avuto il tempo di andare a farla e ormai avevo raggiunto il limite! La mia povera vescica stava per scoppiare, e non solo la vescica…!! Mi diressi di buona lena verso un groviglio di cespugli a lato del sentiero per provvedere a svuotarmi il prima possibile...

Fu nel pieno di quell’estasi di liberazione che notai qualcosa muoversi nel praticello al di la dei profumati cespugli di rosmarino tra i quali mi trovavo… Richiusi velocemente dentro il tutto, e lentamente discesi la scarpata che dava nel prato, per vedere di che si trattava…

Eh si! Un bel leprotto saltellava tranquillo e beato in mezzo all’erba…


“Guardala li!!” pensasi… “ ’starda! …adesso ti faccio vedere io!!”

Mi guardai in giro, vedevo solo erba secca e qualche sasso qua e là… spade e lance erano troppo lontane... se fossi andato a prenderle, l’avrei persa nuovamente… e non mi andava…

Mi abbassai lentamente e raccolsi un bel sasso: con una pietra del genere se l’avessi colpita in testa l’avrei fatta secca di sicuro! …Ero immobile acquattato nell’erba,… di lontano le grida di qualche compagno fecero scattare sull’attenti il leprotto, che però riprese subito a rosicchiare quella specie di fieno bruciato dal freddo invernale…

Mi avvicinai ancora di qualche passo cercando di non fare il minimo rumore... ormai c’ero quasi… mi fermai… la vedevo bene… immaginavo già le sue morbide carni sciogliersi tra i miei denti… dalla bocca mi colava un filo di bava… ripresi la concentrazione, e… SBAM!

La pietra colpì in pieno (o quasi) l’animale che cominciò a correre zigzagando tra l’erba in direzione di un boschetto poco lontano…


“Aaaah!!” gridai “ ‘stardonaaaa dove scappiii!!”

La vedevo allontanarsi sempre più, la seguivo con gli occhi, e cominciai corrergli dietro… entrò negli alberi... ed io a capofitto dietro di lei…

“Ti prendo… fermatiii!! gli gridavo... ma l’animale non si fermava… ed un attimo dopo scomparve nel nulla…

Corsi a più non posso verso il punto in cui l’avevo vista sparire… poi qualcosa mi bloccò improvvisamente la caviglia …e subito dopo: il tonfo! Mi ritrovai a faccia in giù in un rigagnolo d’acqua e fango… avevo inciampato in una radice sporgente…


“Mannaggia a sta radice di mmmerr……!! Proprio qui ti dovevi spuntare!!” imprecai.


…Ma non solo io avevo smesso di correre…


Ad un paio di metri dal mio volto la lepre giaceva moribonda, annaspando nell’acqua, con la testa dilaniata dalla sassata ed un orecchio penzolante, attaccato al capo soltanto da un sottile filo di carne…

Mi alzai col sorriso sul volto e la raccolsi… respirava ancora… ma con un colpo secco sulla nuca smise di fare anche quello…

Uscii dal boschetto con la faccia ed i vestiti pieni di fango… mi diressi di corsa verso i miei compagni, saltellando nell’erba, come il leprotto stava saltellando qualche minuto prima…



“Ragaaa stasera selvaggina! Ce magnamo un'unghia a testa così ce n’è per tutti! A me basta che mi lasciate l’orecchia, che abbrusolita al fuoco si scoglie in bocca che è 'na meraviglia!”

“Ah Silv!! Non pigliare il rosmarino di quei cespugli là per cucinare, che è un pò troppo aromatizzato mi sa!!"
--Ribott
La strada era tortuosa e sconnessa, farla di corsa non era certo conveniente, specie nelle salite.... toglievano quasi il fiato...

"Perchè diavolo corri?..." diceva la vocina in testa
"... ti affretti per incontrare la morte?"

Mi fermai di colpo...
In effetti non ci avevo pensato, da quando avevo saputo... da quando... si insomma, da quel momento in poi avevo dimenticato di pensare.

"Che parole userai?"
"....hai pensato a come reagirà?.... Lo sai com'è fatta, ucciderà anche te!"

Incominciai a darmi dei pugni sulla testa per far smettere quella vocina...
Però aveva ragione, avrei voluto non vedere ne udire notizia alcuna, avrei voluto trovarmi in mezzo al mare da solo... avrei preferito schiantarmi contro qualche esercito, pur di non dover fare la resa dei conti davanti a Morphea.
Chi sapeva prenderla era bravo...

"Via il dente via il dolore" dissi a me stesso e con due morti nel cuore... compresa la mia... ripresi a correre verso l'accampamento...

"Ma dov'eri!" disse lei accogliendomi con la sua solita gentilezza
"Ti aspettavo all'imbrunire!!!!"

io ero la che neanche la sentivo... piegato a metà, con le mani sulle ginocchia, riprendendo fiato...

"Morph... cal...... calmati un momento.... per favore"
"No che non mi calmo! Io non mi calmo mai.... che motivo avrei per..."
"CALMATI!"


l'avevo interrotta improvvisamente, non ci credevo neanche io... la mia voce si perse per il prato circostante.
Morphea mi fissava in silenzio...

"Morphea, devo dirti una cosa... non è piacevole credimi ma non so da dove cominciare..."
"Dall'inizio..." disse lei piano
"Alice........... ecco....."

mi afferrò un braccio e iniziò a stringerlo
"Ah.... ahi...."
"Perchè non è con te?" disse seria
"Perchè...... ecco...."

tirai fuori un brandello del suo vestito macchiato di sangue

"Perchè, lei non c'è più... l'ho trovata senza vita a 10 miglia da qui..."

Morphea prese in mano il lembo di vestito e per la prima volta la vidi come madre...
ma ancora doveva reagire
Morphea
....A mia figlia Alice92







Scossi la testa per un attimo, come se un rintocco di campana mi avesse appena stordito, senza farmi rendere conto del tempo, le distanze, i luoghi..


"Alice........... ecco....."



" alice........ ecco ............ alice ecco... alice.. ecco" che strano suono facevano quelle due parole nella testa... il primo suono di campana era un DON, il secondo tornò di eco subito al primo DAN "alice ecco.......... alice ecco" che suono era? e continuavano ad andare e venire... DIN il terzo " alice ecco......................................"



Gli strinsi il braccio con una mano, senza aver ben chiaro come si legassero tra loro l'infessione tremante e affannata della sua voce con il tono che aveva usato per dire "Alice........... ecco....."



"Perchè, lei non c'è più..."




Che diceva? Chi non c'era più? No, si sbagliava...



"Alice........... ecco....."



Stese la mano, aprì il pugno e mi mostrò qualcosa... sembrava un rubino che si era sciolto sulla stoffa del vestito della mia bambina.... la mia bambina...


"Alice........... ecco....."

... la mia bambina....

I rintocchi delle campane suonavano sempre più forte, che fui costretta a stringermi la testa tra le mani, mentre qualcosa si spezzava sotto la gola e correva fino al petto come una stilettata.
Mi ritrovai accovacciata sulle ginocchia, ancora una volta, e stringevo nel pugno un brandello del vestito della mia bimba.
Tutto intorno c'era l'eco di un silenzio straziante e privo di senso.


"Alice........... ecco....."

Non avrei visto più il suo sorriso, nè sarebbe più corsa tra le mie braccia per farsi stringere, nè l'avrei più vista lanciare sedie o correre verso il padre urlando il suo nome...

Dondolai, dondolai su una pietra davanti al fuoco persa nel nulla, dondolai perdendomi nelle fiamme mentre il mio volto era bagnato da lacrime silenziose.
Dondolai a lungo fino all'alba ripetendo una nenia che la cullasse ovunque fosse....

"Dormi, lascia che il male ti scivoli via
sogna valli di fiori, profumi e magia e una melodia
Lieve la musica come una nuvola
ti porta per sempre via di qua

Domani la luce del sole ci riscalderà
e allora vedrai che la forza ti ritornerà
insieme, insieme vedrai che il coraggio verrà, lo sento c'è già.

Lieve la musica come una nuvola
ti porta per sempre via di qua

Dormi...
dormi...
dormi..."



cit. Daniele Silvestri




"Alice........... ecco....."





Tabac


Giovani ali di farfalla
intimorite
dalla furia del maestrale

Sogni della vita che
aleggiano tra stagni senza colori
e l'infinito

Vento del cielo
per Lei
ti porgo i miei sogni

donale tu
la saggezza
per amare.

Ali di farfalla
tra fiocchi di neve
alzatevi in volo

il vento fresco dell'alba
vi porterà lontano
tra i colori della vita.

No. non piangerò
vedendoLa volare
con le sue ali d'argento colorate .

Tra campi fioriti di rose
e steli di spine
sono certo

-mia Figlia-

troverà la pace.


http://www.youtube.com/watch?v=qxS35Z55xuI&feature=related

La scacchiera della mia vita aveva perso un altro pezzo vitale....tra non molto sarò sotto scacco matto.....
La vita si gioca in un colpo solo....tutto il resto è attesa....
A presto piccola mia...non ho più paura ora...ci sarai tu ad aspettarmi....

_________________
Silvestra
Avevo legato il cavallo e messo del fieno per lui, ci preparavamo per la sera, il freddo si faceva sentire e un umidità densa scendeva tra gli alberi ma sembrava salire anche dal sotto bosco, fra poco saremmo stati avvolti dalla nebbia.

“Ragaaa stasera selvaggina! Ce magnamo un'unghia a testa così ce n’è per tutti! A me basta che mi lasciate l’orecchia, che abbrusolita al fuoco si scoglie in bocca che è 'na meraviglia!”

“Ah Silv!! Non pigliare il rosmarino di quei cespugli là per cucinare, che è un pò troppo aromatizzato mi sa!!"


"Evviva un bel fuoco ed un poco di allegria! Chissà se ho ancora un poco di grappa dell'altra sera, il rosmarino? Certo che si invece ci vorrà di sicuro per cucinare la lepre!"
"Non mi senti Jaret?? Qual'è il cespuglio questoooo??"
Mentre dicevo queste parole mi avvicinai al cespuglio, c'era la nebbia ....ma vidi bene e sentii anche molto bene....che odoraccio!! Altro che aroma!!
"Ma questo cespuglio è pieno di....."
Pupù? Si potrà dire pupù?
Pensavo questo mentre mi allontavavo da quella zona immonda, no perchè sono una che ci tiene alla forma, ho ucciso, derubato, tramato piani bellicosi a danno dei potenti, mi sono macchiata di ogni tipo di crimine ma a certe cose ci tengo! E che callo! Non sia mai certe cose in bocca ad una Dama come me!

Intanto i ragazzi avevano acceso il fuoco e già si espandeva un dolce tepore nell'accampamento, vedevo i visi dei miei fratelli vicino al fuoco e mi mi resi conto di quanto volessi bene loro.
In comune avevamo cuore e origini, le nostre mamme si erano tanto sacrificate per noi, per farci come siamo adesso, lavorando la notte, lavorando sodo, essendo sempre gentili coi clienti dietro compenso, insomma volevo tanto bene a dei gran figli di buone donne
--Shpirt_i_lire
Lo sapevo... lo sapevo dalla prima volta che le ho viste in taverna, lo sapevo da quando le taverne le hanno riempite.
Lezha e' vuota anche se ultimamente bevevo persa nei miei pensieri e non comunicavo molto, alzavo la testa ed erano tutti lì.
Chi parlava, chi sbraitava, chi beveva, chi organizzava, chi stava in silenzio, chi lanciava stivali, chi rideva per non piangere e chi piangeva dal ridere.
Quello che non sapevo era che alla fin fine avrei rinunciato al pensiero che forse potevo andare anche io.
Invece sento sempre che il mio posto e' qui, con loro, con lui, anche se tutto e' deserto e adesso se alzo la testa in taverna, dopo essere stata assorta nei miei pensieri... sono sola.
Quanta solitudine posso concepire prima di iniziare a urlare per sentire una voce?
Almeno adesso ci prepariamo.
Un po' di movimento.
Mi cercano per le cose pratiche, per le conferme, cercano la stessa persone che li ha trascinati un po' sgangherati la prima volta.
Ma adesso e' tutto piu' organizzato, siamo tanti e non devo piu' trascinare nessuno, forse trascineranno me o forse cammineremo allo stesso passo.
Comunque ci prepariamo.
Aspetto con ansia il momento in cui sentiro' il desiderio di vendetta bruciarmi nelle vene.
Ho passato tanto tempo a sedarlo e ci sono riuscita bene, ma so che tornera' a scorrere e mi sentiro' di nuovo viva.
Jaret
Mi risvegliai sotto una fine e gelida pioggerella… avevo freddo… la testa mi scoppiava… mi girava tutto…

Il chiarore dell’alba filtrava tra la grigia coltre di nubi e la pioggia leggera, incessante… sparsi qua e là i residui fumanti dei fuochi accesi la sera prima…

Provai a rialzarmi… barcollavo… ero fradicio…

“Alla faccia oh!!” pensai “quel distillato è veramente un ottimo tritabudella! Ce ne vorrebbe ancora un bel goccetto per riscaldarsi e cominciare bene la giornata!...”

Qualcuno era già sveglio … altri, che avevano fatto la mia stessa fine, ancora pieni dell’alcool della sera precedente, dormivano accovacciati accanto ai resti dei fuochi…. altri ancora uscivano dalle tende sbadigliando…

Poco a poco quelli già svegli si apprestavano a svegliare a pedate i dormienti…

Qua e là si udivano delle grida..
“Svegliaaa!!!”… “Andiamo su!!...”

Ci si rimetteva in marcia… tutto intorno a me era grigio… gli alberi, l’erba, la strada… ed i volti dei miei compagni, grigi e cupi…

Andai in cerca di Silv o di qualcuno che avesse un buon goccetto da offrirmi per rimettermi in forze, quando udii una voce…


“Ehi tu! Soldato!.. Vieni ad aiutarmi!” gridò...

Mi girai... ero mezzo intontito, avevo gli occhi ancora semi-chiusi…mi avvicinai ed aiutai il mio superiore a sistemare dei sacchi sul carro…


“Non sai che é successo, vero?” mi disse…

Dal mio cenno di dissenso l’uomo capì che non sapevo nulla, e mi raccontò della terribile tragedia che aveva colpito i nostri Comandanti la sera precedente……

Intuii finalmente il perché di quel cupo grigiore sulle facce dei miei compagni, che si intonava così bene con il colore tutt’intorno…

Il mio volto si irrigidì, assumendo un'espressione torva, scura... una mano invisibile mi attanagliò lo stomaco... raccolsi le mie cose e, con gli occhi rivolti verso il basso mi incamminai, seguendo gli altri già in marcia, sotto quella gelida ed incessante pioggia invernale.....
Mistic
Era accovacciata su una pietra davanti al fuoco.
Dondolava,bisbigliando qualcosa che da quella distanza,non riuscivo ad udire.

Ero paralizzata da quella visione.Provai più volte a socchiudere e schiudere gli occhi,nella speranza che fosse frutto di un'allucinazione.Ma ogni volta che li riaprivo,lo spettacolo che mi si presentava davanti peggiorava.

Dondolava e stringeva qualcosa nella mano.
Non capivo cosa fosse...
Provai a fare un passo in avanti.Non ci fu reazione.

Vidi un soldato poco distante da lei che si massaggiava un braccio.Gli feci segno di avvicinarsi.Stavolta i muscoli reagirono.

"Cosa le avete detto?" sussurai quando si avvicinò.
Continuava a massaggiarsi il braccio,senza rispondere alla domanda che gli avevo appena rivolto.
"Ve lo stacco il braccio se non mi rispondete,immediatamente!" la voce si alzò di molti toni e lo sguardo divenne più duro.
Quasi impaurito iniziò a balbettare qualcosa.
Ogni parola era come un pugnale affilato che si faceva spazio tra le carni.

Respirai a fondo.Chiusi ancora una volta gli occhi.La vidi.Alice era lì,davanti ai miei occhi,con la sua faccia prepotente con su stampato un sorriso beffardo.
Le sussurrai il mio addio.Mi ritrovai tra l'irreale e l' inconsapevole.

Scossi la testa e guardai il soldato che era ancora lì che mi fissava.Lo congedai con un gesto della mano.

Lei era ancora lì...avrei voluto correrle accanto e abbracciarla forte o semplicemente consolarla.Ero però consapevole,che le avrei fatto più male che altro.
Quella sera c'era spazio per la tenerezza,c'era posto per la debolezza.
Quella sera era mamma,non era brigante!


La guardai ancora una volta,il mio viso si rigò di lacrime amare,mi voltai asciugandole,ma sembrava scendessero sempre in quantità maggiore.
Andai in cerca dell'unica persona che in quel momento,mi avrebbe capita.

Il Barone era davanti alla sua tenda che lucidava la spada.
Mi vide e si alzò di scatto.
Mi abbracciò...forte.Senza chiedermi niente.

Calore e silenzio...non avevo bisogno di altro in quel momento e lui lo sapeva.
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16 Ottobre 1460
Morphea
Oggi il cielo è senza luce.



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